Focus opere

Getulio Alviani (Udine, 1939),

Superficie a testura vibratile opera programmata n. 3165, 1963, alluminio su compensato, collezione Cozzani

Questa opera rappresenta in modo esemplare gli intenti, del tutto nuovi, coltivati dalla cosiddetta Arte Cinetica o Programmata, corrente artistica sorta agli inizi del decennio Sessanta, particolarmente diffusa in Italia e in Europa, confluita, soprattutto negli USA, nella Optical Art. Il movimento e l’ossatura tecnologica sono i due elementi distintivi, insieme all’intervento e alla ‘collaborazione’ dello spettatore, che è invitato a azionare l’opera oppure ne modifica la percezione con il proprio movimento. L’opera, realizzata con materiale (alluminio) e lavorazione industriali, tramite gli effetti prodotti dalla differente levigatura della superficie in metallo, intende stimolare e variare i meccanismi percettivi dell’osservatore, dando origine ad effetti illusionistici di movimento e tridimensionalità. Molto importante è il concetto di arte ‘moltiplicata’, prodotta in collaborazione con l’industria in moltissimi esemplari, rivolta a tutti, accompagnata da una funzione di coinvolgimento e stimolo culturale dell’intera società.

Enrico Baj (Milano, 1924 – Vergiate, 2003),

Vecchio Mamayauk, 1996, assemblaggio su feltro, collezione Battolini

Conosciuto e riconosciuto in ambito internazionale per aver fondato il cosiddetto movimento Nucleare, instancabile sperimentatore e manipolatore dei materiali più disparati, acuto, ironico, irriverente interprete dell’uomo e dell’umanità, negli anni Novanta Enrico Baj si dedica all’impiego del feltro quale supporto delle sue rappresentazioni. Molto indagate le maschere tribali, come in questo caso, che rendono omaggio a fantasiose civiltà primordiali dai nomi immaginifici.

Giuseppe Capogrossi (Roma, 1900 – 1972),

Serigrafia 1969-1970, 1970, serigrafia su carta applicata su tavola, collezione Cozzani

Questa grande serigrafia, alta oltre 2 metri, appartiene alla raccolta Cozzani. Nella casa del collezionista era collocata in modo molto originale nel soffitto della stanza da bagno, insieme a diverse altre opere. Essa ben rappresenta la singolarissima ricerca intorno al segno coltivata dall’artista romano dal 1950 in avanti, basata sulla ripetizione, variazione, composizione e concatenazione di elementi molto simili fra loro. Quello più impiegato è il tetradente, che appare come una sorta di pettine composto appunto da quattro denti. Si tratta di una pura invenzione astratta che ricorda tuttavia forme arcaiche e primordiali e dà origine a una scrittura immaginaria, variabile all’infinito, ma anche a una struttura musicale, costituita da un ritmo e da un movimento precisamente orchestrati.

Jean Dubuffet (Le Havre, 1901 –  Parigi, 1985),

Figure au basement bleu, 1971, polistirene e acrilico, collezione Cozzani

Il lavoro di Dubuffet rappresenta un momento di svolta e innovazione nell’arte del Novecento per il suo inedito interesse nei confronti dell’espressione primordiale e spontanea tipica dell’immaginario dei bambini, dei folli e degli emarginati. Egli conia la definizione, appunto, di Art Brut (grezza), che propone la spontaneità e la brutalità della narrazione e della rappresentazione, intenzionalmente priva di convenzioni, nel nome di una irriverente anticultura. Per molte opere plastiche, come questa, l’autore impiega materiali alternativi e anticlassici, come il polistirolo.

Lucio Fontana (Rosario di Santa Fè, 1899 – Comabbio, 1968),

Concetto spaziale, 1965-66, tecnica mista su tela, collezione Cozzani

Lucio Fontana è il fondatore e nume tutelare dello Spazialismo, movimento nato nel 1946 portatore di istanze dirompenti e pregne di importanza per le ricerche successive. Distintivo è il concetto di rinnovamento del “medium” dell’opera d’arte, così come di superamento della tradizionale distinzione fra pittura, scultura ed architettura. Fontana “viola” la tela praticandovi fori e tagli ed immettendo nel dipinto la terza e la quarta dimensione, quella temporale. In questo singolare “Concetto spaziale” un unico grande foro nella tela sembra simulare una sorta di squarcio in una illusoria lamina in bronzo dorato.

Renato Guttuso (Bagheria, 1911- Roma, 1987),

Ragazzi che cercano granchi, 1949, olio su carta intelata, collezione Premio del Golfo

L’opera ottiene il primo premio nella prima edizione del dopoguerra del concorso di pittura dedicato al Golfo della Spezia. Il dipinto appartiene al ciclo intitolato a Scilla ed è conforme all’attenzione, sempre coltivata da questo autore, nei confronti delle classi subalterne. In questo caso protagonista è il lavoro marinaro: i giovani pescatori sono rappresentati durante la pesca notturna secondo un impianto costruttivo e cromatico essenziale e abbreviato. La struttura narrativa e compositiva dell’opera è guidata da un evidente schema circolare.

Joseph Kosuth (Toledo, Ohio, 1945),

Ob-ject (Art as Idea as Idea), 1967, riporto fotografico su cartoncino, collezione Cozzani

L’opera è un ingrandimento fotografico al negativo della parola “object”, tratto da un lessico inglese-italiano. Questo ciclo di lavori, inscrivibili nel cosiddetto ‘Concettuale tautologico’, si fonda sul postulato secondo il quale l’unica possibilità rimasta all’arte sia essere soggetto e oggetto del suo stesso linguaggio, originando la ridefinizione dell’oggetto artistico. Il pannello era originariamente congiunto, in sequenza, ad altri di identiche dimensioni con ingrandimenti di altri lemmi (nothing, ultimate, meaning, etc.), per evidenziare che il senso di un testo non è mai dato una volta per tutte, ma è destinato a slittare continuamente in relazione al contesto.

Cristiano Pintaldi (Roma, 1970),

Senza titolo, 2000, acrilico su tela, collezione Premio del Golfo

Pintaldi intende riprodurre il procedimento ottico della formazione dell’immagine video: i suoi dipinti ripropongono la scomposizione di tipo elettronico, in cui l’unità elementare dell’informazione visualizzata sullo schermo è il Pixel, di colore rosso, verde e blu. La figura, costituita dal meticoloso e manuale accostamento di questi innumerevoli elementi, si ricompone nella visione dell’osservatore. In questo caso il riferimento all’ambito del video è duplice, nella simulazione del procedimento tecnologico e nella citazione di un personaggio appartenente ai primordio delle produzioni televisive di fantascienza, il Comandante Ed Straker della serie Ufo. L’artista ha precocemente colto e significato la pervasività della realtà virtuale.

Mimmo Rotella (Catanzaro, 1918 – Milano, 2006),

Senza titolo, 1961, décollage di manifesti su tela, collezione Cozzani

Con il décollage questo artista inventa una nuova forma di sperimentazione e comunicazione visiva, basata sull’applicazione di brandelli di manifesto sulla tela. L’impiego del manifesto strappato e mutilo ma portatore di contenuti e messaggi lo trasforma da oggetto effimero a testimonianza ed evocazione di un’epoca. La scelta e la sovrapposizione dei frammenti rispondono comunque e ancora a intenti compositivi calibrati e accuratamente concepiti dall’autore, che in questo caso accosta un documento relativo all’eccidio delle Fosse Ardeatine (1944) a una pubblicità. Questa opera è riconducibile all’adesione al Nouveau réalisme, movimento che abbandona gli strumenti della rappresentazione tradizionale affidandosi all’uso di oggetti tratti dalla realtà.

Daniel Spoerri (Galati, 1930),

Tableau-piège, s.d., assemblaggio, collezione Cozzani

A partire dagli anni Sessanta, a Parigi, l’artista rumeno intraprende la carriera di artista figurativo realizzando i cosiddetti ‘quadri-trappola’, che egli stesso così descrive: “Oggetti trovati casualmente in situazioni di disordine o di ordine vengono fissati al loro supporto esattamente nella posizione in cui si trovano. L’unica cosa che cambia è la posizione rispetto all’osservatore: il risultato viene dichiarato un quadro, l’orizzontale diventa verticale. Esempio: i resti di una colazione vengono attaccati al tavolo e, insieme al tavolo, appesi al muro“. E’ questo il momento della formazione del gruppo dei Nouveaux Réalistes, cui Spoerri aderisce, che sancisce il superamento della pittura da cavalletto.

Helmut Sturm, (Furth im Wald, 1932 – Pullach, 2008),

Infernalezza, 1962-63, tecnica mista su tela, collezione Cozzani

Il CAMeC conserva una presenza altamente significativa e pressoché unica in Italia del Gruppo Spur. Il nome della coalizione, nata in Germania nel 1958 e sciolta nei primi anni Sessanta, può tradursi in “traccia, orma, impronta”. Fondatori e componenti: Lothar Fischer, Heimrad Prem, Helmut Sturm e Hans Peter Zimmer. Al 1961 risale la compilazione del manifesto dal titolo The Avant-Garde is Undesirable!, accalorata e dissacrante invettiva nei confronti dell’estetica e del mercato vigenti, della cultura europea imperante. La coalizione elabora una sorta di parossismo espressivo la cui definizione formale, dotata di una valenza quasi organica e vitale, risulta sovrabbondante di concrezioni e colature. Importante anche la dimensione narrativa e figurale, affidata a larvati riferimenti alla figura umana. Il dipinto, dal potentissimo impatto visivo, così come il titolo, in lingua latina, richiamano esplicitamente l’impianto compositivo e il contenuto drammatico di Guernica di Pablo Picasso.

Emilio Vedova (Venezia, 1919 – 2006),

Vie del mondo, 1953, tempera su tela, collezione Premio del Golfo

Vedova rappresenta uno dei protagonisti del rinnovamento dell’arte italiana del secondo dopoguerra. Questo dipinto è particolarmente importante perché è uno dei primi saggi della sua ricerca astratto-informale, molto particolare e distintiva per l’irruenza e la dominanza della componente gestuale (affine per certi versi all’Action painting statunitense) e per l’impiego di una gamma cromatica ristretta. Qui come altrove dominano i bianchi e neri, cui fa da contrappunto la dosata immissione di squillanti colori primari.

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