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Mostre in corso

ANTONELLO GHEZZI

Terra Cielo Iperuranio

   
 

 

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7 ottobre 2023 / 14 gennaio 2024

 

Dopo il successo riscosso nei musei internazionali, da Madrid a Beirut, da New York ad Atene, il duo artistico Antonello Ghezzi approda al CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia con la mostra Terra Cielo Iperuranio, curata da Eleonora Acerbi con un testo critico di Cesare Biasini Selvaggi.

Al piano zero del Museo, dal 7 ottobre 2023 al 14 gennaio 2024, sarà esposta una quindicina di opere, rappresentative di un percorso focalizzato sulla leggerezza e sulla magia, capace di abbracciare l’infinitezza dell’universo e l’intimità delle relazioni umane, che Nadia Antonello (Cittadella, 1985) e Paolo Ghezzi (Bologna, 1980) hanno deciso di intraprendere insieme a partire dal 2009.

La mostra sarà inaugurata sabato 7 ottobre alle ore 18.00, in occasione della diciannovesima edizione della Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani.

Il percorso espositivo, ideato dagli artisti stessi, suddivide le opere su tre livelli – Terra, Cielo e Iperuranio – secondo un itinerario non necessariamente cronologico, ma tematico, che si propone di accompagnare il visitatore in un viaggio di scoperta, per potenziare il pensiero e allenare l’immaginazione.

La prima sala corrisponde alla Terra, il luogo delle relazioni, dove trovano posto i primi grandi progetti di Antonello Ghezzi. Si potranno abbattere muri con bolle di sapone, il modo meno violento che esista, attraverso l’opera Blow against the walls. Si potrà interrogare l’oracolo con T’Oracolo, un progetto nato nel 2010 che ha visto mutare continuamente la sua forma, tenendo tuttavia invariato il meccanismo per il quale «io T'Oracolo e tu sarai l’oracolo per qualcun altro». Un’opera semplice, fatta di fogliettini e di sole domande, carica però di tensioni universali che spingono gli uomini a capirsi gli uni con gli altri. Sarà inoltre esposta l’installazione Attesa dell'amore, un grande specchio che alla fine dell’Ottocento decorava la sala d’aspetto della stazione di Pistoia e che, passando dal laboratorio del duo grazie all’interessamento della Galleria Vannucci Arte Moderna e Contemporanea di Pistoia, ha visto incisa e illuminata la scritta che dà il titolo all’opera: un invito a specchiarsi e a leggersi nell’attesa dell’amore, chiave di volta della prima sala. A permettere il passaggio al secondo livello, una delle opere più importanti per gli inizi della carriera di Antonello Ghezzi: La porta che si apre col sorriso. L’installazione, situata quasi al centro della stanza, ma posta in corrispondenza dei varchi verso il Cielo e l’Iperuranio, permette a chiunque di passare lateralmente; attraversarla però porta in un’altra dimensione e il sorriso è l’unica chiave di accesso.

La seconda sala, dedicata al Cielo, tenta di far alzare i piedi da Terra, ancora solo leggermente. Alcune bandiere appese, che riproducono la Via Lattea, incorniciano un piccolo ufficio immaginario, dove si potrà firmare la propria Cittadinanza della Via Lattea. Un’opera politica che ricorda al visitatore quanto la vastità dell’universo possa essere un’opportunità per il genere umano, per guardare le stelle e capire chi si voglia realmente essere. L’opera Legare la terra al cielo presenta una stampa fotografica su specchio retro-incisa, nella quale si intravede una performance avvenuta nel 2021 tra campi e colline immerse nel buio. Dei sottilissimi fili fluttuavano alzati da grappoli di palloncini e si illuminavano fiocamente, portando le persone alle stelle. E se di notte ci sono le stelle, di giorno si formano le nuvole. Le nuvole sono per Antonello Ghezzi una metafora che parla di leggerezza, di speranza e di un altrove immaginifico. Un’intera parete espone, dunque, le nuvole che gli artisti hanno realizzato esplorando supporti diversi, dalla carta, allo specchio, al marmo. Rafforza questo concetto la Scala per andare a prendere le nuvole, fatta di legno almeno nella sua parte più terrena, ma che presto si tramuta in inchiostro blu, fino a raggiungere una nuvola dello stesso colore. A fare da ponte per la terza sala è una grande installazione posta davanti alla porta di accesso, al centro della sala: Alla Luna è un tapis roulant che all’inizio del suo percorso aveva sul suo display la cifra 384.400 Km, ovvero la distanza che separa l’uomo dalla Luna. Solo mettendo insieme i passi di tutti, in una missione collettiva, si potrà raggiungerla.

La terza sala è dedicata all’Iperuranio. Già da lontano, nelle altre stanze, si vedeva un grande cielo stellato. L’opera, intitolata 27 06 1980 20:59, proviene dal Museo per la Memoria di Ustica e riproduce la mappa esatta di come erano le stelle nel giorno della tragedia. In alto nella sala è appeso un grande semaforo che emette luce blu. Uscito da una favola di Gianni Rodari, il semaforo dà il Via libera per volare. Domina lo spazio un’altana tutta blu sopra alla quale è posto uno scrittoio e la sua sedia. Si tratta dell'installazione Al di sopra del rumore di fondo ed è un luogo estrapolato da una fiaba inventata dagli artisti per Villa Rospigliosi di Prato, dove un tempo vivevano dei pirati artisti. L’ultima opera che si vede uscendo dalla sala è un’installazione realizzata a partire da una fotografia della NASA, esposta al CAMeC grazie alla disponibilità di Fabio Gori e Virginia Fabrizi, che offre una possibile chiave di interpretazione dell’intera mostra. Un paesaggio al tramonto piuttosto buio, nel quale è possibile tuttavia scorgere un puntino luminoso. Il titolo, Autoritratto, rivela l’intento e il senso dell’immagine: la Terra vista da Marte, ovvero gli uomini visti solo da un po’ più lontano.

Nel bagno al piano zero del Centro vi è traccia di Toilet Project, progetto che inaugurò la collaborazione tra Nadia Antonello e Paolo Ghezzi, interessati ad invadere garbatamente i bagni delle fiere d’arte e giocare con umorismo su una domanda che qualche volta gli artisti si pongono: Cosa è arte?

Costeggia il lungo corridoio all’esterno delle sale l’opera Stringere lo spazio di me e te: innumerevoli sculture di ceramica sono appese e creano uno sciame scintillante di forme e colori. Ogni forma è stata creata grazie a due persone che si sono strette la mano intorno ad un pezzo di argilla. I visitatori potranno prendere parte a questa performance dando vita ad una pietra preziosa che rivelerà l’invisibile.

In uno spazio per sua natura sopraelevato, l’interpiano che porta alle terrazze del Museo, c’è uno strano scrittoio. È composto da uno specchio con la scritta Scrivimi e da un piano sul quale è poggiato tutto l’occorrente per scrivere ed inviare lettere d’amore: la carta, la busta, la penna e il francobollo. Con Scrivimi, non resta che abbandonarsi ad un po’ di romanticismo.

Sulla terrazza del CAMeC è allestita l’ultima installazione del duo: La sedia del giudice, che richiama la tipica seduta sopraelevata utilizzata dall’arbitro di tennis, se non fosse che i posti a sedere sono due anziché uno. L’opera si è prestata in passato a diverse performance che hanno coinvolto il pubblico in dibattiti e riflessioni filosofiche, indagando le (almeno) due verità che sempre ci sono. «Al culmine di questa mostra, operazione già di per sé nata da due artisti e non da uno solo – spiegano Nadia Antonello e Paolo Ghezzi – l’opera ci invita forse a ritornare con la mente al nostro viaggio, considerando di nuovo l’altro da noi, dove la relazione umana ci ha accompagnati e presi per mano per volare sempre più in alto, mai da soli, sempre con qualcuno o qualcosa che restituiva il nostro sguardo».

L’esposizione è visitabile fino al 14 gennaio 2024, da martedì a domenica dalle 11.00 alle 18.00, chiuso il lunedì, Natale e Capodanno. Ingresso intero euro 5, ridotto euro 4, ridotto speciale euro 3,50. Nel corso della mostra, sarà presentato il catalogo bilingue pubblicato da Metilene edizioni, con il testo istituzionale del Sindaco e Assessore alla Cultura Pierluigi Peracchini, testi critici di Eleonora Acerbi e Cesare Biasini Selvaggi, Cinzia Compalati e ricco apparato iconografico. Per informazioni: tel. +39 0187 727530, camec@comune.sp.it, http://camec.museilaspezia.it.

Nadia Antonello (Cittadella, 1985) e Paolo Ghezzi (Bologna, 1980) si formano all’Accademia di Belle Arti di Bologna e nel 2009 fondano il duo artistico Antonello Ghezzi. La loro ricerca si focalizza sulla leggerezza e la magia. I progetti che li hanno visti esporre in tante parti del mondo, con il supporto di numerose Istituzioni, tentano di rendere tangibili le favole. Una porta che si apre solo se si sorride, bolle di sapone che abbattono i muri, una macchina per esprimere desideri con le stelle cadenti, piccole sculture tra amanti, cieli stellati del futuro. Scale, nuvole e semafori blu che – grazie a Gianni Rodari – danno all’osservatore il via libera per volare. Come fossero sandali alati oppure specchi che, come lo scudo di Atena, aiutano Perseo ad affrontare Medusa. Le loro installazioni fanno parte di numerose collezioni private e sono state presentate, unitamente alle performance, in contesti italiani ed internazionali, tra i quali: Istituto Italiano di Cultura di Madrid, Ambasciata Italiana ad Atene, WhiteSpaceBlack Box a Neuchâtel, Kunsthall di Bergen, Beit Beirut, Wayfarers di Brooklyn a New York, Parlamento Europeo di Bruxelles, Gnration di Braga in Portogallo, Museo per la Memoria di Ustica di Bologna, Miasto Ogródow di Katowice, Palazzina dei Bagni Misteriosi di Milano, Artbab Manama in Bahrain, Sound Design Festival di Hamamatsu in Giappone, Istituto Italiano di Cultura di Atene, Art Foundation di Atene, Museo Davia Bargellini di Bologna, Usina del Arte a Buenos Aires, Pinacoteca Nazionale di Bologna, Museo di Villa Croce di Genova, Moscow Biennale, Pitti Uomo di Firenze, Sarajevo Winter Festival, Blik Opener di Delft, Arsenale di Verona e CIFF di Copenhagen. Nel 2022 vincono il PAC2021 - Piano per l'Arte Contemporanea promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura e la loro bandiera raffigurante la Via Lattea viene acquisita dalla Fondazione Rocca dei Bentivoglio di Valsamoggia (BO). Il loro atelier si trova a Bologna, all’interno della Palazzina Liberty presso i Giardini Margherita.
Mostra promossa da
Comune della Spezia
Sindaco e Assessore alla cultura, Pierluigi Peracchini
Dirigente dei Servizi Culturali, Rosanna Ghirri
e prodotta da 
CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea
a cura di: Eleonora Acerbi
testo critico di: Cesare Biasini Selvaggi
ufficio prestiti: Cristiana Maucci
progetto grafico: Sarah Fontana
documentazione fotografica: Enrico Amici
partner tecnici
Assa Abloy, Dulcop International, H.S.W., Metilene edizioni
sponsor istituzionale: Coop Liguria
si ringraziano
Galleria Vannucci di Pistoia, Fabio Gori e Virginia Fabrizi, Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica, Claudio Seghi Rospigliosi
COMUNICAZIONE
Ufficio stampa Comune La Spezia: Luca Della Torre | Tel. +39 0187 727324 | ufficiostampa@comune.sp.it
CSArt – Comunicazione per l’Arte: Chiara Serri | Tel. +39 0522 1715142 | Cell. +39 348 7025100
info@csart.it| www.csart.it


SARENCO

La platea dell'Umanità

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31 marzo 2023/14 gennaio 2024

Sarenco al CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia nel nome della Poesia Totale. S’intitola “La Platea dell’Umanità” la grande mostra antologica curata da Giosuè Allegrini, che dal 31 marzo 2023 al 14 gennaio 2024 sarà allestita al primo piano del museo.
Promossa dal Comune della Spezia, prodotta dal CAMeC e dalla Fondazione Sarenco, l’esposizione antologica sarà inaugurata venerdì 31 marzo alle ore 18.00.
Fra i più significativi interpreti del secondo Novecento italiano ed internazionale, con presenze a Documenta 5 di Kassel e a varie edizioni della Biennale di Venezia, Sarenco è stato poeta visivo, performer, esploratore, regista, editore, fotografo e organizzatore di eventi culturali internazionali come la Biennale di Malindi, la cui terza e quarta edizione furono curate da Achille Bonito Oliva.
«Sarenco – scrive il curatore Giosuè Allegrini – è stato fra le figure più dotate, attive, imprevedibili ed esplosive della ricerca artistica contemporanea in Italia e non solo. Teoretico della Poesia Totale, l’idea creativa di Sarenco era quella di manifestare il fatto che ai poeti niente potesse essere precluso: la pittura, la scultura, la ceramica, la performance, i concerti, il teatro, il video e il cinema: da qui il concetto, appunto, di Poesia Totale. Ciò che desideriamo proporre, con questa mostra, è il “Sogno di Sarenco sull’Arte”; quella forma poetica anarchica e rivoluzionaria, al contempo pubblica, anticonformista e dissacrante, tramutato in realtà, ed attraverso di essa porre la luce dei riflettori sulla cultura italiana, europea e internazionale del secondo Novecento, in rapporto alla società dei consumi e della comunicazione e più in generale a tutti gli “ismi” condizionanti, a vario titolo, il mondo in cui viviamo».
Il percorso espositivo comprende circa 170 opere rappresentative di un percorso cinquantennale, a loro volta affiancate da immagini e documenti bibliografici e archivistici, rivelativi del particolare periodo storico vissuto (riviste di esoeditoria, manifesti, fotografie, locandine ecc), molti dei quali estremamente rari e alcuni anche inediti.
Un florilegio di opere, dai progetti visual-poetici del 1963, “Traditi”, “Grande Strage”, “Finalmente l’Avanguardia”, governati dalla potenza paroliberista futurista e dagli echi grafici di Mallarmè, transitando per le tele emulsionate, ironiche e rivoluzionarie, come “Il popolo è forte armato vincerà” o “Avanti o popolo alla riscossa”, in cui gli angeli oranti di Giotto, nella Cappella degli Scrovegni di Padova, si trasformano in coristi del ritornello di Bandiera Rossa. Altro esempio è costituito dal ciclo di lavori in cui Sarenco ironizza sulle nature morte di Morandi, il pittore di Grizzana, sbeffeggiando la loro freschezza e originalità con giochi di parole quali “Più morta che natura”, “Mors tua natura mea”, “Morituri te naturant”. Seguono i collage e gli assemblage degli anni ‘70 e successivi, come “Poetical Licence” e i cicli “Tabù” e “Tempo”; quindi le grandi installazioni, come “I miei poeti”: quattro gigantesche sculture bianche raffiguranti Marinetti, Breton, Tsara e Apollinaire, rappresentative della levatura infinita della poesia, o gli “Autoritratti africani”, ironici e beffardi. Ecco poi comparire, il ciclo di opere legate ai ritratti delle “Poetesse” pellerossa di stirpe sioux, apache, comanche, navajo e in generale di tutti i popoli nativi dell’America, che rimandano al senso assoluto di libertà, di emancipazione da tutti i condizionamenti di ogni epoca e grado. Infine i cicli di opere “Il Poeta è nudo”, “Solo come un poeta” e “Andiamo a scuola” danno palese evidenza di quanto Sarenco abbia caparbiamente rifuggito l’omologazione, nel corso dell’intera esistenza, sempre pronto a testimoniare attraverso l’azione poetica, creatrice e rivoluzionaria, provocatoria e dissacrante, il senso profondo della vita.
L’esposizione sarà visitabile fino al 14 gennaio 2024, da martedì a domenica dalle 11.00 alle 18.00, chiuso il lunedì, aperto il Lunedì di Pasqua e il 1° maggio, Natale e Capodanno. Ingresso intero euro 5, ridotto euro 4, ridotto speciale euro 3,50. Per informazioni: tel. +39 0187 727530, camec@comune.sp.it, http://camec.museilaspezia.it.
Nel corso della mostra, la Fondazione Sarenco pubblicherà un catalogo bilingue italiano / inglese a cura di Giosuè Allegrini con fotoriproduzioni a colori delle opere e dei documenti esposti e saggi critici di vari autori: Giosuè Allegrini, Achille Bonito Oliva, Bernard Heidsieck, Oriano Mabellini, Enrico Mascelloni, oltre all’ultima intervista di Sarenco, rilasciata a Claudia Capelli.
Sarenco, al secolo Isaia Mabellini (Vobarno, 1945 - Salò, 2017). Poeta visivo, performer, esploratore, regista, editore, fotografo, organizzatore: è stato fra le figure più dotate, attive, imprevedibili ed esplosive della ricerca artistica contemporanea in Italia e nel mondo. Frequenta il Liceo Classico “Arnaldo” di Brescia e studia Filosofia alla Statale di Milano. Nel 1961 inizia a scrivere le sue prime poesie lineari. A partire dal 1963 inizia ad occuparsi di ricerche poetico-visive stringendo i primi contatti con gli artisti del “Gruppo 70”, nel quale entrerà ufficialmente l’anno successivo. Il suo contributo al movimento si contraddistingue per il tono graffiante e caustico con cui elabora testi epigrammatici che associa ad immagini di provenienza varia dal mondo della comunicazione a quello dell’arte. Servendosi delle tecniche del collage, dell’assemblage o della tela emulsionata ottiene opere di forte impatto, che utilizza come strumento di lotta politica e culturale. Nel 1965 comincia la sua attività espositiva, avendo al suo attivo oltre 50 mostre personali e circa 1000 esposizioni collettive. Svolge un’intensa attività editoriale e organizzativa. Fonda riviste fra cui “Amodulo” nel 1968 e “Lotta poetica” nel 1971 e case editrici quali Edizioni Amodulo nel 1969, SAR.MIC nel 1972 e Factotum Art nel 1977. Fonda gruppi come il Gruppo Internazionale di Poesia Visiva (o Gruppo dei Nove) e i Logomotives. Dal 1982 Sarenco intraprende numerosi viaggi fra Asia e Africa, immettendo energie nuove nelle sue creazioni cariche di ironia. Da questo momento il continente africano diventa protagonista all’interno della sua produzione artistica. è stato organizzatore di quattro edizioni della Biennale Internazionale d’Arte di Malindi, in Kenya (2006-2008-2010-2012). Scrive il suo primo soggetto cinematografico nel 1968, che poi girerà nel 1984 con il titolo “Collage”. L’anno successivo viene invitato a presentare la pellicola al Festival del Cinema di Venezia. Seguiranno molti altri lungometraggi. Ha pubblicato oltre quaranta libri e realizzato quindici film. È stato regolarmente presente nelle più importanti rassegne d’arte internazionali, fra cui quattro edizioni della Biennale di Venezia (1972, 1986, 2001 – curatore Harald Szeemann, con Sala Personale – e 2011), Documenta Kassel (1972), la Biennale di Siviglia (2004, insieme a Cattelan), Stedelijk Museum di Amsterdam (1970), Centre Pompidou di Parigi (1989-1994), Museum of Modern Art di New York (1986), MART di Rovereto (2007-2013-2015), Museo del Novecento di Milano (2013). Nel 2018 alcune sue opere sono state esposte al CAMeC della Spezia nell’ambito della mostra “Poetry and Pottery. Un’inedita avventura fra ceramica e Poesia Visiva”, a cura di Giosuè Allegrini e Marzia Ratti.

 

CREDITS

Mostra promossa da
Comune della Spezia
Sindaco e Assessore alla cultura, Pierluigi Peracchini
Dirigente dei Servizi Culturali, Rosanna Ghirri

e prodotta da
CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea

in collaborazione con
Fondazione Sarenco
Presidente, Oriano Mabellini
Direttore, Daniela Mabellini

con il contributo di
Coop Liguria
Enel

a cura di
Giosuè Allegrini

direzione tecnico-scientifica
Eleonora Acerbi

ufficio prestiti
Cristiana Maucci

progetto grafico
Claudia Capelli

Ufficio stampa 
Comune della Spezia
Luca Della Torre | Tel. +39 0187 727324  ufficiostampa@comune.sp.it

CSArt Comunicazione per l'arte
Chiara Serri | Tel. +39 348 7025100
chiara.serri@csart.it 

 

 
 

 

 

 

BLU

Blu/Blue
Opere dalle collezioni del CAMeC


 

La mostra compone trentasette opere accomunate da un elemento consonante, la prevalenza del colore blu. Per il visitatore, l’invito ad affrontare un frastagliato percorso attraverso diversi ambiti di ricerca e nel contempo ad affidarsi alla percezione fisica e mentale, all’impatto visivo ed emozionale, al potere evocativo e simbolico di questo colore.

La prima sala accosta differenti rappresentazioni del paesaggio marino, nel quale comunemente lo sguardo e l’immaginario collettivo incontrano il blu del cielo e del mare.

La seconda sala accoglie dipinti dalla diversa opzione tematica, nei quali prevale l’emancipazione del colore, la libera definizione del tessuto cromatico al di là della sua valenza locale: è la voluta dominante blu che connota ogni soggetto.

La terza sala ne consegna ulteriori declinazioni, riconducibili ad intenzioni di ricerca anche molto lontane fra loro, dalla visione Surrealista di Magritte e Max Ernst, all’astrazione pura, all’esaltazione minimalista del colore che diventa immagine mentale.

La mostra presenta infine il film Blue di Derek Jarman, realizzato dal regista britannico poco prima della morte, mentre lo aggrediva la perdita della vista. Si tratta di una sorta di testamento spirituale che si affida ad un solo sempre identico fotogramma blu ed ad racconto a più voci. Mentre l’autore disegna con la voce questo estremo segmento della sua vita, sceglie che il fondo sia l’IKB, l’International Klein Blue, inventato appunto dall’artista Yves Klein, che nel 1957 lo brevetta e da allora ne fa lo stilema esclusivo della sua ricerca.

Blu egiziano, indaco, blu Maya, blu oltremare, blu cobalto, blu di Prussia, blu ceruleo, blu Klein, YInMn blu: la storia del pigmento blu prende inizio nell’Egitto del III millennio a.C. grazie all’estrazione dal prezioso lapislazzulo ed attraversa secoli e civiltà, incontrando un impiego distintivo nella storia dell’arte occidentale (è imprescindibile attributo della Vergine Maria, ammantata di blu, così come dell’abbigliamento nella ritrattistica dedicata alla aristocrazia), nella letteratura (è blu la giacca dell’idealista Giovane Werther, è blu l’abito della tormentata Madame Bovary), nella cultura materiale (si pensi al blue jeans, dalle origini remote, pervasivo oggi, ma anche alle divise militari prussiane e napoleoniche).

Sono note le numerose indagini dedicate alla psicologia dei colori, alla loro valenza simbolica ed evocativa, alla loro accertata azione sulla sfera delle emozioni. La scelta del blu e il suo utilizzo molto diffuso nella produzione e nella comunicazione sono riconducibili appunto agli effetti che la sperimentazione ha documentato: questo colore è associato alla calma e alla tranquillità e induce alla meditazione, all’armonia e pertanto alla produttività. Poiché il blu è comunemente associato all’equilibrio e alla stabilità, è stato scelto quale colore delle bandiere delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea.

Autori in mostra:
Hans Jean Arp, Pietro Bellani, Pier Giulio Bonifacio, Luciano Botto, Felice Casorati, Angiola Cassanello, Bruno Cassinari, Roberto Crippa, Jan Dibbets, Max Ernst, Dan Flavin, Fernando Farulli, Omar Galliani, Remo Lorenzetti, René Magritte, Katia Martelloni, Derek Jarman, Francesco Martera, Francesco Menzio, Giancarlo Manganaro, Pablo Echaurren Matta, Robert Motherwell, Enrico Paulucci, Nicola Perucca, Concetto Pozzati, Bruno Pulga, Filippo Sartorio, Aligi Sassu, Pino Saturno, Jesús-Rafael Soto, Ettore Sottsass jr, Francesco Vaccarone, Claudio Verna, Enzo Vespignani.

 

INFORMAZIONI e CONTATTI

mostra promossa da:

Comune della Spezia

Sindaco e Assessore alla cultura, Pierluigi Peracchini

Dirigente Servizi culturali, Rosanna Ghirri

e prodotta da:

CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea
a cura di: Eleonora Acerbi, con la collaborazione di Cristiana Maucci
progetto grafico: Sarah Fontana

con il supporto di:

Coop Liguria
COMUNICAZIONE

Ufficio stampa Comune La Spezia: Luca Della Torre | Tel. +39 0187 727324 | ufficiostampa@comune.sp.it



 
 

 

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8 agosto 2023 / 14 gennaio 2024

 

Stanza del Colore

La Stanza del Colore, ideata e curata da Cristiana Maucci, con la collaborazione di Eleonora Acerbi, intende offrire agli utenti dell’attività didattico-laboratoriale - ed ai visitatori tutti - l’incontro con un florilegio dalle raccolte del CAMeC: 23 opere di importantissimi autori italiani ed internazionali, cui è affidato il compito di rappresentare l’universo cromatico, complici l’accostamento e il contrasto con i diversi colori delle pareti della sala. Dal monocromatico bianco, su fondo nero, il ‘viaggio’ nel colore attraversa un crescendo e termina nell’arcobaleno, che diversi artisti hanno eletto a protagonista di loro opere. Questi gli autori presenti: Arman, Max Bill, Peter Blake, Agostino Bonalumi, Alberto Burri, Enzo Cacciola, Alexander Calder, Enrico Castellani, Philip Corner, Toni Costa, Lucio Del Pezzo, Jim Dine, Lucio Fontana, Allen Jones, Roy Lichtenstein, Henri Matisse, Carmengloria Morales, Peter Phillips, Turi Simeti, Francisco Sobrino, Jacques Toussaint, Victor Vasarely.



 
 

 

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9 febbraio 2022 / 14 gennaio 2024